Energheia

opera e ricerca di
Silvia Struglia

dal 29 marzo al 5 aprile 2019

Vernissage venerdì 29 marzo, ore 18,30

Ingresso gratuito - La mostra sarà visitabile nelle ore pomeridiane (17.00-20.00), previo appuntamento o contestualmente ai prossimi eventi in programma presso il Teatro.


Silvia Struglia è nata a Roma, classe 1990. Studia Ingegneria edile presso l'università di Tor Vergata a Roma e lì si laurea. L'evento rivelatore è un viaggio Erasmus: dieci mesi, Scuola Politecnica San Pablo CEU di Madrid. Qui sceglie di seguire le lezioni di un corso intitolato Analysis de Formas, tenuto dagli architetti Begona Lopez Rodriguez e Daniel Horcajada Diaz. 


"Grazie a loro, scopro la bellezza e la potenza espressiva della pittura, soprattutto su grandi formati, praticando esercizi improntati a sviluppare capacità di sintesi, sensibilità alla luce, ai contrasti, agli equilibri, alle gerarchie, effettuati in pochissimi minuti.
Non si insegnava alcuna tecnica, l’importante era che ci fosse ‘’ intenzione’’, come continuamente ci esortavano a ricordare.
Quest’esperienza, una tra le più belle della mia vita risveglia ed accresce la passione per l'arte"


L'intenzione. L'azione. L'atto.


Ci sembrava che la parola energheia dal greco esprimesse bene questo concetto meglio di altre. Nella filosofia Aristotelica ἐνέργεια indica l'azione: energia, potenza, ed è quello che rende la possibilità di realizzare l'atto. L'atto si realizza solo in virtù dell'energheia. Le opere di Silvia Struglia sono degli atti, atti d'amore, di coraggio. Provengono dalla materia informe del caos e raccontano delle sintesi. La sintesi delle impressioni che l'artista ha dalla profondità del suo sentire. Che significa " sentire il caos"? Che succede quando riusciamo a percepire il caos e ad abbracciarlo? Quando lo sentiamo, lo tocchiamo, ne siamo avvolti con tutti i nostri sensi. Il caos è la materia prima della creazione: l'atto creativo nasce dalla sensibilità intesa proprio come sentire. Se analizziamo l'etimologa della parola sensibilità essa viene dal latino sensibilĭtas -atis, indica come significato primo: capacità, attitudine a ricevere impressioni attraverso i sensi. Spesso inconsapevolmente attribuiamo a questa parola un significato inappropriato indicando come persona sensibile una persona fragile, troppo emotiva incapace di tenere a bada la sua emotività. Al contrario la sensibilità è un grandissimo potere. Il potere assoluto di riuscire ad entrare in quel caos, avere la chiave per entrarci è un grande dono, al quale deve essere annessa anche la capacità di risalire in superficie. Il caos è l'arte. Questo abisso profondissimo dove tutte le emozioni sono in rotazione continua e fanno vibrare le corde dell'anima. La danza, la musica, la pittura, la fotografia. Tutto è così denso ed emozionante...ma l'artista, che è sensibile, riesce a fare una sintesi, a dipingere, a scrivere, a scattare, a scolpire, a danzare, a suonare un’ impressione di quello che sente. Il massimo è quando esiste una concatenazione tra le arti, quando l'artista riesce ad avere anche il dono di sentire la pittura, vedere la musica, ascoltare una pennellata “ Sto provando ultimamente a realizzare una serie musicale. Ogni quadro si riferisce ad un pezzo, ad un brano cui sono più o meno affezionata”.
A volte sono degli eventi scatenanti nella nostra vita ad indicarci chi siamo e cosa vogliamo fare. Nel caso di Silvia ad essere illuminante è stato l'incontro con i maestri di Madrid. Sempre stata appassionata dal disegno Silvia inizia a dipingere mentre osserva a Madrid dei balletti di Flamenco e le viene chiesto di riprodurre le sue impressioni durante l'osservazione. Ciò che ad un primo momento sembra difficile e strano, l'attimo dopo sembra un linguaggio da sempre posseduto, tutto arriva in maniera fluida, in "un flusso diretto da occhi a mani" . Poi la consapevolezza.
Dalle opere di Silvia si percepisce concretamente questa spontaneità. Nelle pennellate di acrilico, nella campiture cromatiche, nella divisione degli spazi, nella forza del segno, si sente la presenza della musica. La musica è una musa per Silvia, così come la poesia, così come la danza. Si sente la sincerità, la liquida trasparenza del linguaggio. Si sente il tempo. Un tempo breve.  “Iniziai a dipingere osservando delle coreografie proiettate e rappresentandole simultaneamente su carta, nei pochi minuti della loro rappresentazione. Non c’era tempo per pensare, si trattava di gettare su carta tutto ciò che mi colpiva, sentendo le gerarchie, i ritmi, i ruoli della vicenda che si stava svolgendo, in un equilibrio che si componeva quasi simultaneamente”. Si percepisce l'urgenza, la tattilità di queste impressioni, contatti tra il caos e il mondo in superficie. Questi contatti devono essere brevi, netti, devono passare diretti senza filtro, percorrono il lasso di tempo necessario per attraversare l’emotività nervosa prima, quella più vicina al cuore, “ un flusso diretto da occhi a mani” come dice Silvia, poi il processo viene interrotto prima ancora che riesca a passare attraverso la ragione, la razionalità.
(Anna Di Matteo)